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Fuoco e martello

La mia parola non è forse come il fuoco –oracolo del Signore- e come un martello che spacca la roccia?” (Geremia 23, 29)

Dio continua a parlare, ad avanzare proposte, a suscitare. Eppure non si vede né calore né luce e neanche l’indifferenza andare in frantumi. Come mai? Forse perché è una parola che presuppone accoglienza da parte dell’uomo. Non riesce ad incarnarsi per manifesta e reiterata indisponibilità dei destinatari. Rimane ai margini del mondo “non trovando posto in albergo” (1) o viene semplicemente espulsa dopo aver conosciuto l’inospitalità della “strada, della pietra e delle spine” (2). Dio la consegna all'uomo correndo il rischio che venga sterilizzata. D'altronde è una parola aperta, diversa da un dato matematico. È una parola da esplorare e per certi versi da gustare. Non contiene un ordine da eseguire ma un invito che coinvolge e a cui si risponde con il proprio specifico e insostituibile contributo. È una parola che indica prospettive ed orizzonti senza fornire soluzioni predeterminate. Ha bisogno di silenzio perché si lascia sovrastare dalle voci artificiali e di attenzione perché inedita. Cerca un luogo in cui dimorare e sentirsi custodita, ma non per separarsi dalle sofferenze dell’uomo. Contrasta l’oppressione e guarisce le ferite. Smuove e consola. È una parola piena di senso, ulteriore e inesauribile. È offerta in semplicità, non è imposta. Possiamo rinunciarci scegliendo di limitarci alla tragicità del reale.

(1) Cfr Vangelo di Luca 2,7
(2) Cfr Vangelo di Luca 8, 4-15