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Perdere e sperare

Sei il Signore della storia, ma qui sembrano prevalere solo i signori della storia. La loro prepotenza non sembra trovare argine. I pochi che decidono di opporsi vengono facilmente eliminati. Solo la morte naturale sembra riuscire a fermarli. Ma vengono immediatamente sostituiti. E a volte tocca pure rimpiangere l’oppressore di prima. Quando sembra che la liberazione sia a un passo succede sempre qualcosa che la ostacola: qualcuno si lascia corrompere dal potere o semplicemente manipolare, altri si tirano indietro quando la lotta si intensifica e diventa pericolosa. Si registra uno strano fenomeno per cui l’oppressore, di fronte alla massa, risulta più credibile dei suoi oppositori. Nonostante le violenze dirette (fisiche o psicologiche) o indirette (come risultato delle politiche inique) il sospetto cade su chi si dissocia, si oppone, combatte e non sul regime. La ribellione viene trasformata mediaticamente in un fatto privato tra i dissidenti e il potere. La massa non si schiera (per lucrare vantaggi o per ignavia), ma non schierarsi in questo caso significa appoggiare l’oppressore. Il potere ha una micidiale capacità di coagulare intorno a sé consenso. Gli oppositori, al contrario, camminano sempre sul filo del rasoio della divisione. Trovano, di solito, quelli pronti ad accordarsi alle prime false aperture del regime e rimangono sempre esposti agli infiltrati. Ci sentiamo soli e vediamo continuamente la giustizia soccombere. Nell'aldilà sarà diverso? Non ci basta e non crediamo che qui ci si debba rassegnare. Ma siamo chiamati ad una lettura diversa di quelle che noi umanamente consideriamo sconfitte. In quelle esperienze, di dolore personale e di scherno degli iniqui e di chi semplicemente ci ha lasciato soli, tu agisci e ti manifesti. Non lo vediamo e non lo comprendiamo. Possiamo solo sperarlo. Intanto ci prepariamo alle prossime sconfitte senza arrestare la nostra critica e la nostra utopia.