Passa ai contenuti principali

Il rifugio di Dio

La pace ai tempi della guerra

Dio vive a livello temporale la tragedia dei suoi figli che non lo amano e lo rifiutano. È costretto a vederli distruggersi per confini, pozzi di petrolio o questioni di potere. Muore sotto le bombe sganciate dai regimi e sotto quelle degli esportatori di democrazia.  Non l’aveva pensata così, forse nemmeno prevista. Nessun padre mette al mondo un figlio perché odi a tal punto da uccidere. Si nasce con le lacrime agli occhi non con il fucile in mano. Siamo fragili perché possiamo scoprire nell'altro un fratello dal quale ricevere sostegno. Mostrare i muscoli è solo una posa.  Chi li rivendica e li esercita diventa indecentemente ridicolo davanti alla morte. Pura menzogna: fermare un crimine, dopo averne creato le condizioni, con un altro crimine. La destabilizzazione genera violenza e l’uso della violenza la vendetta. Pace e armi sono in perfetta antitesi. Come pace e disuguaglianza o sfruttamento. È inaccettabile che si decida il destino degli altri dalla stanza dei bottoni. Un non-luogo blindato in cui non entra la luce del sole. E non si può decidere il destino che non si è pure disposti a condividere. Chi desidera la pace deve rinunciare ad annientare l’altro. Al contrario lo deve ri-conoscere. Il cuore di Dio si spezza davanti alla sofferenza dell’uomo. È un dolore in qualche modo inconsolabile. Solo il pensiero della comunione nella vita eterna lo aiuta. Così si rifugia, fuori del tempo, per ritrovare la pace benedicendo la sua Misericordia che ha predisposto tutto affinché ogni anima possa dire il suo sì. Nonostante tutto.