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Papa Francesco. La condivisione per amore di Dio.

Queste mani richiamano la vicinanza di Dio per i giovani esclusi dal futuro per precarietà e disoccupazione.

Introduzione: La condivisione è la più alta forma di amore. All'uomo di solito riesce solo un tipo: quella della gioia. Dalla sofferenza, infatti, si fugge. Tant'è che spesso chi soffre si ritrova anche solo. Ce l’hanno insegnato: è una forma di autodifesa. Evitiamo e non affrontiamo e così la sofferenza diventa uno spettro. Con qualcuno a fianco la sofferenza non degenera in disperazione. Con qualcuno a fianco si può trovare ancora un senso. Assumendo la nostra condizione Dio ha rivelato il Suo amore infinito per l’uomo. Siamo malati? Anche Dio lo è. Siamo orfani, poveri, migranti? Anche Dio lo è. Siamo sconfitti, falliti, derisi, esclusi? Anche Dio lo è. Sta accanto a noi perché sperando possiamo attraversare le tenebre e non rimanerci ancora dentro.

Testo di Papa Francesco:
[…] “In Cristo Dio non si è mascherato da uomo, si è fatto uomo e ha condiviso in tutto la nostra condizione. Lungi dall'essere chiuso in uno stato di idea o di essenza astratta, ha voluto essere vicino a tutti quelli che si sentono perduti, mortificati, feriti, scoraggiati, sconsolati e intimiditi. Vicino a tutti quelli che nella loro carne portano il peso della lontananza e della solitudine, affinché il peccato, la vergogna, le ferite, lo sconforto, l’esclusione non abbiano l’ultima parola nella vita dei suoi figli. […] Parlare di un anno che finisce è sentirci invitati a pensare a come ci stiamo interessando al posto che i giovani hanno nella nostra società. Abbiamo creato una cultura che, da una parte, idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna, ma, paradossalmente, abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, perché lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani. Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano loro di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società. Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li ‘condanniamo’ a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse”.
(Papa Francesco, Omelia 31/12/2016)